Friday, April 28, 2017

4 ICONS: ONO ARTE CONTEMPORANEA

Ha inaugurato ieri la mostra Photography: 4 ICONS alla galleria ONO arte contemporanea di Bologna.
Steve McCurry, Christian Cravo, Gian Paolo Barbieri, Eolo Perfido, una mostra in cui sono messe a confronto le opere di quattro dei più grandi artisti della contemporaneità  e altrettanti modi di praticare e intendere la fotografia.
 La mostra è composta da una collezione di Art Box disegnata da Anders Weinar e personalizzata per ogni autore. Ogni Art Box custodisce 5 stampe fine art ed è prodotta in una edizione di 7.
 Steve McCurry, da circa 30 anni, è considerato una delle voci più autorevoli della fotografia contemporanea. La sua maestria nell'uso del colore, l'empatia e l'umanità delle sue foto fanno sì che le sue immagini siano indimenticabili. Ha ottenuto copertine di libri e di riviste, ha pubblicato svariati libri e moltissime sono le sue mostre aperte in tutto il mondo. Diventato uno dei fotografi più famosi del mondo grazie alla sua foto della ragazza afgana dagli occhi verdi (che è presente in mostra), sembra racchiudere, nel suo mondo fotografico, temi universalmente condivisi. Il formalismo e la cromia utilizzati, quasi di stampo pittorico, non gli fanno abbandonare mai la voglia di raccontare storie. I suoi ritratti, con soggetti che puntano lo sguardo dritto verso l’obiettivo, sono una condensazione di eventi, di percorsi, che McCurry scava e indaga. La stessa capacità di sintesi, è racchiusa nei suoi paesaggi e nelle sue foto di reportage, in cui l’incontro/scontro tra uomo e natura domina la scena e ricalca la dicotomia naturale versus artificiale. McCurry ha sempre cercato di raccontare, attraverso i suoi scatti, un simbolismo di stampo universale.
Eolo Perfido, è un fotografo ritrattista specializzato in fotografia pubblicitaria oltre che uno degli street photographer italiani più conosciuti e stimati. Nella sua serie Clownville (esposta in mostra) la maschera, tema caro alla storia dell’arte, è indossata ed enfatizzata dai suoi modelli, che più che portarla ne sono quasi pervasi. Nella sua serie Clownville evidenzia il lato oscuro, intimo, dei soggetti ritratti. Un lato però universalmente condiviso e comprensibile, tanto che quei soggetti potremmo essere noi stessi. La finzione nelle sue fotografie è rivelata, grazie al suo potente obiettivo in grado di costruire immagini tanto perturbanti quanto realistiche.
 Gian Paolo Barbieri è il più grande fotografo di moda mai apparso nel panorama artistico italiano e gli attestati di stima da parte di personaggi della scena mondiale come Diana Vreeland, Yves Saint Laurent, o Richard Avedon fanno parte della sua storia, quanto la collaborazione con le più iconiche attrici e modelle di tutti i tempi da Audrey Hepburn a Veruschka e Jerry Hall. Teatralità, compostezza formale e immaginario diventano gli ingredienti principali dei suoi scatti, che si caratterizzano per l’eleganza e la raffinatezza, da considerarsi ormai quasi i suoi “marchi di fabbrica”. Quelli di Barbieri, non sono semplici ritratti, ma evocano narrazioni più complesse, come se fossero l’incipit di storie accennate, in cui l’uomo ne è protagonista indiscusso.
Christian Cravo, nato da madre danese e padre brasiliano nel 1974, è cresciuto in un ambiente artistico nella città brasiliana di Salvador de Bahia ed è stato introdotto nel mondo delle arti da un'età molto precoce. Solo dai 13 anni in Danimarca, dove ha vissuto la sua adolescenza, ha iniziato a sperimentare le tecniche fotografiche. Nelle sue immagini, il dato naturale con tutta la sua forza, si fa protagonista. Il suo formalismo unito al bianco nero, rende la realtà quasi un universo formale fatto di linee pure e di pattern. Il suo reportage, va dal generale al particolare, mettendone in evidenza l’unicità e l’eccezionalità individuale.
La mostra (27 aprile – 27 maggio 2017) è composta da 25 fotografie in diversi formati, l’ingresso è libero

Gian Paolo Barbieri: Rainbow - Violet

Eolo Perfido: Rocker - Screamer

Steve McCurry: Jodhpur, Rajasthan - Italy

Christian Cravo: Elephant and Calf, Kenya


Thursday, April 27, 2017

BIZANTINA BAG-SPRING COLLECTION PARTY

Nuova festa romana per festeggiare Bizantina bag Spring collection , quarta collezione di pochette-icona cucite a mano in Italia e realizzate con ikat di velluto di seta tessuti a Bukhara (Uzbekistan) dai pattern uno diverso dall’altro. In un tripudio di fiori, losanghe e romantiche geometrie d’antan rivisitate in chiave contemporanea e chiuse dall’inconfondibile fermaglio di ottone e argento (un antico disegno ottomano) a forma di tartaruga, le Bb sono nate da un’idea di Benedetta Lignani Marchesani e Caterina Mancinelli Scotti, madre e figlia amanti delle atmosfere del Bosforo da dove, ad ogni viaggio, prendono ispirazione. Settantacinque pezzi unici dai colori primaverili come l’ottanio, il glicine, l’ambra, il magenta, il fucsia, l’acquamarina, il turchese, il rubino, il blu cobalto intersecati da sfumature giallo oro, verde bosco, rosa antico, rosso corallo, carminio e amaranto sono state presentate con un animato cocktail nella casa delle designer in stile bizantino nel cuore di Roma dove sono accorsi tanti amici e Bb fan. In un mix multigenerazionale si sono visti tra gli altri le attrici Yvonne Sciò e Eliana Miglio, le giornaliste Barbara Modesti, Enrica Majo, Cecilia Primerano, Alessandra Cravetto, Giulia Cerasoli e Nicoletta Picchio e tante Bizantina-addicted tra cui Olimpia Pallavicino, Gaia Moncada di Paterno’, Gingia Aymerich di Laconi, Andra Orsolini Cencelli, Lisa Vanzina, Vittoria Giovanelli Marconi, Flaminia e Benedetta Kojanec Carafa d’Andria, Caterina Berlinguer, Beatrice Sanjust di Teulada, Ginevra Giovanelli, Gea Fatta del Bosco, Flaminia Orsini, Claudia Piazza Cidonio, Milà Lombardo di Cumia, Francesca Rizzo Campello, Sabina Costa, l’artista Alberto di Fabio con la moglie Yumi e le giovanissime Carlotta Bulgari, Domitilla Fracassi, Giulia Geisser Celesia, Domizia e Francesca del Gallo, Giulia Sanminiatelli, Virginia Pantanella, Olimpia Pediconi, Desideria Cammarota, Vittoria Campello e, in un continuo viavai fino a tardi, tanti tantissimi altri (uomini inclusi).










Wednesday, April 26, 2017

ONDE LUNGHE E BREVISSIME

Onde lunghe e brevissime è il titolo della mostra personale di Amalia Del Ponte in due sedi, al Museo del Novecento a cura di Iolanda Ratti e allo Studio Museo Francesco Messina a cura di Eleonora Fiorani.
Con questo progetto espositivo Milano rende omaggio agli oltre cinquant’anni di attività dell’artista, con un’importante collaborazione tra due istituzioni civiche, che ne sottolinea la vocazione diversa ma complementare; mentre al Museo del Novecento si traccia un percorso storico-critico a partire dalla presenza in collezione di uno dei più importanti lavori dell’artista, il Museo Messina propone un’inedita installazione site specific che verrà attivata da una performance live. Due focus che hanno il comune obiettivo di tracciare un collegamento tra due fasi differenti e sinergiche del ricco e articolato percorso di Amalia Del Ponte: gli anni ‘60 e ‘70 e gli anni ‘80 e ‘90, evidenziando il carattere visionario e anticipatore della sua ricerca sulla luce e sul suono.
 Proprio a questa fa riferimento il titolo: onde lunghe e brevissime per disegnare il suono e la luce. “Le onde sonore condividono la natura ondulatoria della luce – dice l’artista – ma mentre le onde sonore udibili variano da 17 mm a 17 metri, le onde luminose visibili variano da 400 a 700 miliardesimi di metro e il nostro cervello le interpreta come colori”.
- L’esposizione al Museo del Novecento, a cura di Iolanda Ratti, introduce il tema della luce attraverso la ricostruzione del percorso legato alle ricerche sul plexiglas. Dal 1964, anno in cui l’artista realizza le prime sculture trasparenti, si passa alla serie dei Tropi (così battezzati da Vittorio Fagone nel 1967), e si chiude con la realizzazione, nel 1973, dell’Area Percettiva per la XII Biennale Internazionale d’Arte di San Paolo, dove Amalia Del Ponte – invitata da Bruno Munari e Umbro Apollonio – vinse il Premio Internazionale per la Scultura. In quest’occasione venne esposta l’opera monumentale How do you feel? del 1971, donata al Museo del Novecento nel 2014 e oggi presentata al pubblico per la prima volta. In mostra circa dieci sculture, i disegni di studio sugli indici di rifrazione e riflessione della luce, oltre a una selezione di documenti storici e fotografie dell’epoca, scattate tra gli altri da Ugo Mulas, Mario Carreri e Arno Hammacher.
- La mostra allo Studio Museo Francesco Messina, a cura di Eleonora Fiorani, sarà invece focalizzata sulla ricerca sul suono e sulle pietre sonore, condotta tra 1985 e il 1995 attraverso la realizzazione dei Litofoni, sottili lastre di pietra intonate al fine di essere suonate a percussione. I Litofoni rappresentano delle “forme-suono che – come ha scritto Eleonora Fiorani – rimandano oltre il visibile: ricreano le invisibili corrispondenze tra le forme geometriche, le scale musicali e quelle dei colori”. Al centro dell’allestimento spicca l’opera Aria della freccia, del 1994, composta da tre litofoni, che rappresenta una riflessione dell’artista sulle corrispondenze tra la finitezza della forma visibile e la risonante armonia della vibrazione sonora.
MUSEO DEL NOVECENTO MILANO 21 aprile - 1 ottobre 2017
STUDIO MUSEO FRANCESCO MESSINA MILANO 21 aprile - 28 maggio 2017
exhibition view con le opere ‘How do you feel?’ (1971), ‘Studi sulla rifrazione’ (1967) e ‘Progetto Area Percettiva’ (1973), Museo del Novecento, fotografia Emiliano Biondelli


‘How do you feel?’ (1971), cemento bianco al quarzo e plexiglass, Collezione Museo del Novecento, fotografia Emiliano Biondelli 

dettaglio di ‘How do you feel?’ (1971), cemento bianco al quarzo e plexiglass, Collezione Museo del Novecento, fotografia Emiliano Biondelli 




exhibition view con ‘Consonanze’ (1986) e disegni e fotografie d’archivio, Studio Museo Francesco Messina, fotografia Emiliano Biondelli

Museo del Novecento:‘Tropo n° 14’, 1967, plexiglass, fotografia Arno Hammacher

Studio Museo Francesco Messina: 'Triangolo dorico', 1990-1993, disegno a pastello su carta


Monday, April 24, 2017

THE MAGAZINE FUJIN GURAFU

The women's fashion magazine Fujin Gurafu was first published in May 1924, and covered international news as well as the latest ideas in the area of fashion, beauty, housekeeping, and lifestyle. Takehisa Yemeji (1884-1934) worked for various periodicals. These are the covers he designed for Fujin Gurafu , including the complete first volume. The layout of the cover was based on a French magazine.

La rivista di moda femminile Fujin Gurafu è stata pubblicata per la prima volta nel maggio del 1924 e riportando notizie internazionali e le ultime idee nel settore della moda, della bellezza, della casa e del lifestyle. Takehisa Yemeji (1884-1934) ha lavorato per vari periodici. Queste sono le copertine progettate per Fujin Gurafu, incluso il primo volume completo. Il layout della copertina era basato su una rivista francese.









Thursday, April 20, 2017

SOLOBLU BEACHWEAR COLLECTION 2017

A touch of  Mediterranean Folk has inspired the interpretation of maiolica designs with new optical touch for the Soloblu collection 2017.
Monochromatic prints with cobalt blu, black and white will energize swimsuits and coverups. Fringes and pon-pons as details to be used on fluid cotton kaftans, ponchos shirts and jersey dresses.
Graphic patterns and energetic colors are inspired by Futurism, the artistic movement of the early 20th century.
The asymmetrical silhouette of fluid jersey coverups, is combined with soft and light georgette chemisier, kaftans and ponchos.
The graphic inspiration in also in the swimwear with block colors one pieces and bikinis with a see through geometric effect. Swimwear is very feminine with sculpted silhouette. The style is sophisticated. The body is dressed up like a second skin with a perfect fit given by Sensitive fabrics and the flawless cuts.
Soloblu swimsuits by Benedetta and Isabella Stanca have an incredible shaping effect.
(SoloBlu – Italian Beach Couture flagship stores are in Milano, in via Borgospesso 4 near Montenapoleone and in Sardinia, Porto Cervo at Promenade du Port).

Un tocco di “Folk Mediterraneo” ha ispirato la reinterpretazione moderna dei disegni delle maioliche in chiave neo-optical, riprendendo i colori del mar Mediterraneo e dei giardini di Majorelle a Marrakech per la collezione Soloblu 2017.
Stampe monocromatiche di blu cobalto e bianco gesso, portano energia ai costumi ai copricostumi e ai caftani di ispirazione folk anni ‘70 decorati con frange, pon-pon, insieme a poncho, camicie di cotone con collo alla coreana e vestiti di jersey. Il pizzo è bianco con disegni geometrici che simulano una rete da dove filtra la luce. I pattern si ispirano all’arte della pittura Futurista dei primi del’900. I colori sono fusi, mescolati in nuance, creando geometrie cromatiche, dal fucsia all’arancio, dal viola al lilla con intarsi di bianco. Il jersey si mescola con un leggero georgette per creare silhouette asimmetriche. Realizzati con una Lycra Sensitive avvolgente come una seconda pelle, con lavorazioni vedo-non vedo in punti strategici e dettagli grafici e sporty-chic, i costumi Soloblu di Benedetta e Isabella Stanca, aiutano a dare un incredibile effetto modellante.
( I prodotti SoloBlu sono disponibili presso le boutique monomarca a Milano in via Borgospesso 4, a Porto Cervo a Promenade du Port e sul sito www.soloblu.com).
Per chi è a Roma oggi la presentazione della collezione 2017 all'Hotel Adriano-Sala d'Ascanio-Via di Pallacorda 2






Wednesday, April 19, 2017

70's IN EVERY SEASON

An era revitalized every time from every season's collections, the "Seventies" in just ten years gave it to us styles like hippie chic, glam rock, dressing power and punk. It's been nearly half a century and these styles continue to inspire fashion designers and fashion victims of all ages, even those of the 70's have only been able to study them from books, movies and fashion magazines.
The imagination of the style of those years is so well-defined that after finding this shirt by Jean Cacharel dressed up like this was automatically.
 Un'epoca rivitalizzata ogni volta dalle collezioni di ogni stagione, i "Seventies" in soli dieci anni ci hanno regalato stili come l' hippie chic, il  glam rock, il  dressing power  e il punk. E' passato quasi mezzo secolo e da questi stili continuano a prendere ispirazione stilisti, e fashion victim di ogni età, anche chi i 70's li ha solo potuti studiare da libri, film e riviste di moda. L'immaginario dello stile di quegli anni è così ben definito che dopo aver trovato questa camicia firmata Jean Cacharel vestirsi così è stato un gesto automatico.
                                                                           photo:Marianna Piccolino/Styling:Mimma Montorselli





 Early 70's silk shirt by Jean Cacharel, denim trousers by Cigala's, suede ankle boots by L'Autre Chose, Marni sunglasses, vintage leather bag, necklace by Simona Lavazza, 70's floppy wool hat

Camicia di seta primi anni '70 di Jean Cacharel, pantaloni denim  Cigala's, tronchetti di camoscio L'Autre Chose, occhiali da sole Marni, borsa pelle vintage, collana Simona Lavazza, cappello in feltro anni '70

SEVENTIES ON CATWALKS F/W 2017-18
Marc Jacobs - Marni - Tory Burch - Trussardi - Chloé
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Tuesday, April 18, 2017

WHEN IT WAS JEAN CACHAREL

In 1962 Jean Bousquet, in Nîmes, founded the company Jean Cacharel. Cacharel is named after the local name of the garganey (Anas querquedula, a small duck) in the Camargue.
Jean Bousquet was the son of a sewing machine salesman; he was immersed in the world of clothes making since childhood. He trained to be a tailor at a technical college and worked for two years as a designer before returning to Paris to found his own fashion house in Le Marais. The success of his first collection inspired him to create Cacharel.
The first successful recognition thanks to the famous blouse made in a pink crepe photographed by Peter Knapp for the cover of Elle magazine. The iconic blouse. Once called "Le Cacharel", allowed the brand to enter the history of fashion for its emblematic design characteristic of the years 1960 and 1970. Cacharel designs are characteristic for their youthful style, femininity, lightness, refinement and use of bright colours. Over the years Cacharel had a tremendous impact on the fashion industry. They led the Liberty blouse boom into the 1970s. Cacharel designers have included legends like Agnès B, Azzedine Alaïa, Corinne Cobson, the Clements Ribeiro and more.

 Nel 1962 Jean Bousquet, a Nîmes, fonda l'azienda Jean Cacharel. Cacharel prende il nome da un uccello della Camargue (Anas querquedula, una piccola anatra).
Jean Bousquet era il figlio di un venditore di macchine da cucire; era immerso nel mondo di vestiti  fin dall'infanzia. Studia per diventare sarto in un istituto tecnico e  lavora per due anni come designer prima di tornare a Parigi per fondare una propria casa di moda a Le Marais. Il successo della sua prima collezione lo ispira per creare la sua linea Cacharel.
I primi  riconoscimenti li ottiene grazie alla famosa camicetta di crepe rosa fotografata da Peter Knapp per la copertina della rivista Elle. La camicia diventa iconica.Bastava il nome di "Le Cacharel", per indicare una specifica blusa e ciò ha permesso al marchio di entrare nella storia della moda per la sua caratteristica di design iconico degli anni 1960 e 1970.
Il design Cacharel è caratteristico per il suo stile giovanile, per la femminilità, la leggerezza, la raffinatezza e l'uso di colori vivaci. Nel corso degli anni Cacharel ha avuto un enorme impatto sul settore della moda. Hanno portato il boom camicetta Liberty nel 1970. Stilisti per  Cacharel hanno incluso leggende come Agnès B, Azzedine Alaïa, Corinne Cobson, il Clements Ribeiro e altri ancora.




CLOSET CASTLE di Annapaola Brancia d'Apricena




Early Seventies silk shirt by Jean Cacharel
Camicia di seta primi anni Settanta di Jean Cacharel

Jean Cacharel 1966

Jean Cacharel 1963

Jean Cacharel 1973 -Marie Claire ph. Helmut Newton

Jean Cacharel 1967

Jean Cacharel 1968

Jean Cacharel 1966

Jean Cacharel 1971

Jean Cacharel 1971

 Cacharel 1975-Elle France ph. Sarah Moon
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Friday, April 14, 2017

DAMIEN HIRST-TREASURES FROM THE WRECK OF THE UNBELIEVABLE

Until December 3, 2017, Palazzo Grassi and Punta della Dogana present "Treasures from the Wreck of the Unbelievable", a new project by British artist Damien Hirst that will run across both venues. Damien Hirst's latest project has been ten years in the making. The exhibition is curated by Elena Geuna, curator of the monographic shows dedicated to Rudolf Stingel (2013) and Sigmar Polke (2016) presented at Palazzo Grassi. This will be the first major solo show dedicated to Damien Hirst in Italy since the 2004 retrospective at the Museo Archeologico Nazionale in Naples.
The story of Cif Amotan II, a freed slave from Antioch, relates that the slave accumulated an immense wealth  that he invested to build a lavish collection of artefacts deriving from the lengths and breadths of the ancient world that were brought together on board a colossal ship, the Apistos.
But the vessel foundered, the collection lay submerged in the Indian Ocean for some two thousand years.
Only in 2008, a vast wreckage site was discovered off the coast of East Africa. Damien Hirst rediscover it for this great solo exhibition in Venice: five thousand square meters of works that invite the viewer to become a legend. Resurface sculptures and artifacts encrusted with fake corals and sponges (almost kitch) complete with videos of the discovery.

Fino al 3 dicembre 2017, Palazzo Grassi e Punta della Dogana presentano "Treasures from the Wreck of the Unbelievable", un nuovo progetto dell'artista inglese Damien Hirst che verrà esposto in entrambe le sedi. L' ultimo progetto di Damien Hirst è durato dieci anni di lavoro. La mostra è curata da Elena Geuna, curatrice delle mostre monografiche dedicate a Rudolf Stingel (2013) e Sigmar Polke (2016) presentato a Palazzo Grassi. Questa è la prima importante personale  dedicata a Damien Hirst in Italia dalla retrospettiva del 2004 proposta dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
 La storia di Cif Amotan II, un liberto di Antiochia, narra che, dopo l’affrancazione, lo schiavo accumulò un’immensa ricchezza che investì collezionando oggetti provenienti da ogni angolo del mondo che furono caricati tutti insieme sulla gigantesca nave Apistos. Ma l’imbarcazione affondò e la collezione rimase sul fondo dell’Oceano Indiano per circa duemila anni. Solo ne 2008 al largo della costa orientale dell’Africa fu scoperto il relitto della nave naufragata. Damien Hirst lo riscopre per questa grande personale a Venezia: cinquemila metri quadrati di opere che invitano lo spettatore ad entrare nella leggenda. Riaffiorano sculture e manufatti incrostati di finti coralli e spugne (al limite del kitch) con tanto di video del ritrovamento.

                                                                                                                 credits:Alessandra Pugliese