Milano- Quattro anni fa ho potuto assistere alla mostra/omaggio al maestro della fotografia Irving Penn per il centenario della sua nascita (1917-2009) che si è tenuta al Grand Palais di Parigi e che ho ampiamente riportato in un mio articolo (http://www.scostumista.com/2017/09/irving-penn-exhibition-grand-palais.html ).
Per chi non avesse avuto la possibilità di ammirare da vicino le opere di Penn, dal 9 settembre al 22 dicembre la Cardi Gallery di Milano gli dedica una mostra curata in collaborazione con The Irving Penn Foundation, dove si può incontrare la complessità dell’opera dell’artista americano. La mostra si sviluppa su due piani della galleria, abbracciando non solo la fotografia di moda per cui Penn è conosciutissimo, ma sottolineando il legame speciale dell’artista con l’Italia, capitolo a cui è interamente dedicato il primo piano. L’esposizione, che comprende opere prodotte dall’artista tra gli anni Quaranta e gli anni Novanta, percorre momenti salienti della quasi totalità della carriera artistica di Penn. Considerato uno dei maggiori fotografi del Novecento, Irving Penn è conosciuto per il suo radicale contributo alla modernizzazione del mezzo fotografico, grazie alla creazione di un canone concretizzatosi attraverso le sue opere sia commerciali che personali. Figlio di migranti ebrei russi, Penn emerse a New York in un’epoca turbolenta dal punto di vista sociopolitico. In seguito a studi di pittura, verso la fine degli anni Trenta iniziò a lavorare come artista per la rivista di moda Harper’s Bazaar, all’epoca guidata proprio dal suo ex insegnante, il leggendario Alexey Brodovitch, per poi passare ad American Vogue negli anni Quaranta. Incoraggiato da Alexander Liberman, direttore editoriale di Vogue, Penn focalizzò la propria attenzione professionale sulla fotografia, coltivando al contempo una pratica artistica personale. Nel corso dei successivi sessant’anni, scattò oltre 150 copertine per Vogue, producendo editoriali all’avanguardia, celebrati per la loro semplicità formale e l’uso della luce. Il contributo artistico di Penn formò per Vogue un’eredità senza precedenti; la direttrice Anna Wintour descrive come egli “cambiò radicalmente il modo in cui la gente vedeva il mondo, e la nostra percezione del bello”. Rompendo con le convenzioni, Penn utilizzava la fotografia come un artista, espandendo il potenziale creativo del mezzo in un’era in cui l’immagine fotografica era vista principalmente come mezzo di comunicazione.
IRVING PENN riunisce lavori chiave che situano l’opera di Penn nel contesto di vari soggetti artistici, sociali e politici. In mostra sono presenti alcuni dei suoi contenuti più iconici, scattati sia in studio che in esterna. Sono scatti che spaziano dalle immagini accattivanti delle star a impressioni del mondo naturale, fino ai rifiuti abbandonati in strada, e a nature morte surreali, a testimonianza della sua costante ricerca di autenticità. L’esposizione introduce l’ispirazione dell’artista, derivata da rifiuti e oggetti quotidiani, e la sua capacità di portare alla luce la bellezza di ambienti caratterizzati da un’estetica calma e minimalista, producendo un linguaggio visivo distillato, caratterizzato da una eleganza disarmante.
Inving Penn, Black and White Vogue Cover (Jean Patchett), New York, 1950 © Condé Nast |