Il titolo dell'esposizione - "Dream on earth" - fa riferimento ai dolori e alle costrizioni del periodo pandemico, ma anche al desiderio condiviso di libertà , unione con la natura e ricongiunzione con i propri affetti.
«Walter Davanzo - scrive Eugenio Manzato, già Direttore dei Musei Civici di Treviso - dà testimonianza del terribile primo anno di Covid 19 attraverso un intenso ciclo pittorico scandito per immagini, quasi capitoli di un visionario romanzo: prigioniero nella sua prodigiosa casa-studio, articolata come un sorprendente labirinto, ha dipinto forsennatamente per i lunghi mesi della pandemia dando forma a paure ed angosce, ma anche a riflessioni e fantasie, laddove drammaticamente efficace si è rivelato il suo personale e inconfondibile stile pittorico primitivo ed espressionista».
La sua narrazione per immagini si dipana in una sorta di laica via crucis, ispirata - talora deliberatamente, talvolta inconsciamente - a opere di grandi artisti del passato, dalla figura ieratica di San Sebastiano, che rimanda alla pittura rinascimentale di Antonello e Mantegna, alla leonardesca "Gioconda", con il volto celato in parte dalla mascherina, fino all'"Amor sacro e Amor profano" di Tiziano. E poi molteplici variazioni del "Déjeuner sur l'herbe", tema caro alla pittura francese impressionista, evocato nelle declinazioni di Monet e Renoir.
Attraverso la citazione di alcuni capolavori della storia dell'arte, Davanzo racconta la società contemporanea, la paura e la speranza, il desiderio di aria campestre e libertà , testimoniato anche da immagini di bambini, privati della bicicletta o intenti a rimirare un uccellino in gabbia.
Fra le figure tragiche, si affaccia inoltre il volto sereno di Carmelo Zotti, artista di Trieste che Walter Davanzo tiene in conto di maestro, riferimento per l'arte e campione di umanità .
Di opera in opera, si osserva, inoltre, l'emersione di alcuni elementi ricorrenti (simboli iniziatici e misteriosi, la croce, la casa-prigione, le orecchie da Topolino che alludono agli sconfinati territori dell'arte e della poesia), parte di una grammatica personale, costruita in anni di studio e ricerca.
Il percorso espositivo comprende una trentina di opere, tutte inedite, realizzate dal 2020 ad oggi. Tele artigianali e di scena (in alcuni casi recuperate dalla messa in scena della "Tosca" al Teatro La Fenice di Venezia), con imprimitura a gesso, lavorate dall'artista con colori ottenuti da pigmenti puri, unitamente a resine naturali, che donano al lavoro una finitura lucida.
«Nell'economia della mostra - conclude Cinzia Lampariello Ranzi, fondatrice di Agostino Art Gallery insieme a Giacomo Christian Giulio Ranzi - particolare importanza assumono le opere dedicate a San Sebastiano, anche in relazione alla sede espositiva, in passato luogo di soccorso e accoglienza per malati e pellegrini. Nell'iconografia più diffusa del Santo, rappresentato come un giovane imberbe trafitto dalle frecce, Walter Davanzo concentra l'idea del dolore, che si è vissuto durante la pandemia e che in parte si vive ancora. Ma San Sebastiano era invocato anche come protettore contro la peste, foriero di un messaggio di fede, speranza e inclusione. La nostra Galleria lavora da un anno con Walter Davanzo, apprezzandone la qualità pittorica e la profondità di indagine. Siamo dunque onorati di essere parte di questo importante progetto. Dopo la mostra di San Vito al Tagliamento, vorremmo portare avanti insieme un progetto teatrale, volto a realizzare una scenografia pittorica per un'opera lirica, in collaborazione con un teatro di tradizione e un'accademia di belle arti italiana».
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