Il titolo della mostra “Linea d’ombra” arriva dal romanzo di Joseph Conrad, La linea d’ombra (1916), che riflette sul tema del tempo e del passaggio all’età adulta. Sì, andiamo avanti. E anche il tempo va avanti fino a quando distinguiamo di fronte a noi una linea d’ombra che ci avvisa che bisogna lasciarsi alle spalle anche la regione della prima giovinezza (Joseph Conrad, La linea d’ombra, Feltrinelli, Milano, 2014, p.13).
Nelle 41 opere esposte, fra disegni, fotografie e un video, ricorrono alcuni motivi cari a Marras: l’amore per tutte quelle cose remote segnate dalle tracce del tempo e trasformate dal vissuto, l’ossessione della ripetizione come mantra contro l’oblio, il gusto per l’accumulo, il senso del teatro e del travestimento.
Antonio Marras disegna sempre, “nulla dies sine linea, nessun giorno senza tracciare una linea’’: ha sempre in mano una matita, una penna, uno stilo e dei quaderni, fogli, agende, block notes per riempire spazi vuoti, per lasciare orme, rivelare forme, suggestioni, nel tentativo di raccogliere sguardi, reliquie, reperti, segni.
L’artista-stilista traccia mappe e segna territori, tratteggiando voci e silenzi, spinto da quell’amore per tutto ciò che è vivo e che palpita che si traduce in un’urgenza del fare e che dà vita a un universo di disegni che si animano, segni che prendono forma, ritratti che parlano, ombre che riflettono promesse, linee che tracciano sentieri di seduzione.
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